Il tema del sacro nell’Inferno si può articolare secondo i modi in cui la presenza di Cristo a ora nel testo della prima cantica. Ben lungi dall’essere taciuto nel regno del male, Cristo, o Dio, viene accennato in non poche occasioni durante il percorso infernale del pellegrino. Altrettanto importanti, in quanto collegate alla storia della redenzione, sono le tracce siche della presenza di Cristo nell’inferno, cioè le ruine lasciate dal terremoto al momento della morte di Gesù. Indicate diver- se volte nella prima cantica, le ruine sono la prova visibile della discesa del salvatore agli inferi e collegano il viaggio del Dante pellegrino, svolto tra un venerdì sera e una domenica mattina, all’azione liturgica che durante il triduo della Settimana Santa commemora la passione di Cristo. Fra gli episodi che dimostrano un collegamento del genere c’è quello degli ipocriti del canto XXIII, fra i quali si trovano crocefissi i sommi sacerdoti del sinedrio che consigliò il sacrificio di Cristo. Finalmente, e ancora più fondamentale, è il rapporto causale, e persino etimologico, fra la passione di Cristo e il sistema dantesco delle punizioni, cioè il contrapasso. Visto che il peccato sempre offende la persona del redentore, implicando un rifiuto del suo gesto salutifero, il contrapasso può essere inteso come imitazione, in chiave negativa, delle sofferenze di Gesù. Queste sono ricordate nel poema proprio con variazioni dei participi del verbo patire : i passi e i passuri piedi (Par. XX, 105). Da tale prospettiva si può capire come il supplizio dell’anima di Pier della Vigna, rinchiuso in un arbusto che geme parole e sangue, sia leggibile come un’immagine della crocefissione. L’idea trova il suo riassunto definitivo con la figura di Satana al fondo (e al centro) del baratro, che, com’è stato rilevato dagli studiosi del poema, è un esempio del diabolus in patibulo della tradizione esegetica.